La Transgenic Art è una forma d’arte che facendo ricorso a tecniche dell’ingegneria genetica si occupa del trasferimento di geni sintetici all’interno di svariati organismi o di materiale genetico da una specie all’altra, con lo scopo di creare nuove forme di vita e integrarle nella società. La natura di questa espressione artistica è definita non soltanto dalla nascita e dalla crescita di una nuova pianta o di un nuovo animale, ma soprattutto dalla relazione tra l’artista, il pubblico e l’organismo transgenico; cosa che evidenzia una considerevole responsabilità nei confronti delle creature generate e delle loro condizioni di vita, chiamandosi fuori da una dimensione di spettacolo tecnologico. Questo monito sta alla base di una delle più discusse opere di Eduardo Kac: GFP Bunny, conosciuto anche come Alba: il coniglio albino clonato che, se esposto ai raggi UV, irradia una peculiare fluorescenza verde dovuta all’EGFP, immessa nel DNA dell’embrione del mammifero. GFP Bunny è un opera transgenica che apre nuovi orizzonti all’arte e alla società, ma anche nuovi interrogativi.

 

https://www.youtube.com/watch?v=3LSJVD0m1Mg&t=1475s

 

Alba è parte di un lavoro che riflette sul tema e i significati della biodiversità, decentrando lo sguardo sulla vita biologica e emotiva dell’animale: sul rapporto tra i geni e l’ambiente in cui si sviluppano, l’identità degli esseri viventi come organismi non solo genetici, il rapporto tra uguaglianza e alterità, la comunicazione tra specie diverse. “Dobbiamo comprendere – ricorda Eduardo Kac – che siamo prossimi a condividere il mondo con nuovi esseri (cloni, creature transgeniche e chimere), sicché dobbiamo preparare noi stessi e la società ad accettarli e ad accoglierli”. GFP Bunny va considerato come un evento sociale complesso, caratterizzato dal dibattito culturale che ha innescato, ponendo anche a confronto diverse discipline, arte, scienza, filosofia, legge, comunicazione, sociologia, e professionisti, sulle possibilità offerte dalla biotecnologia, non tanto circa l’alterazione delle specie animali, quanto in relazione alla loro creazione transgenica, mediante un’operazione che viene definita di cultural code djing o design genetico.

Il naturale per gli artisti biotech. Opera di Patricia Piccinini.

Questi i nuovi scenari prospettati dagli artisti biotech o biopunk, che oltre a Eduardo Kac sono: George Gessert, Stéphanie Valentin, Natalie Jeremijenko, David Kremers, Marta Menezes, Joe Davis, Alexis Rockman, Patricia Piccinini, comportano cambi di paradigma, manipolazioni, programmazione genetica, progettazione di nuove forme di vita, spostamento attraverso orizzonti di senso, mondi vissuti e possibili. Voci, culture, stili di vita, modi di comunicare, si tratta di una moltiplicazione di immaginari e una mutazione antropologica mai sperimentata prima, ma che veicola un’idea di alterazione di equilibri, considerati naturali, che fa capo a tutta la storia culturale occidentale e ad una presenza costante di fascino che si contrappone alla paura nei confronti della contaminazione-ibridazione con l’alterità, non solo animale. Prima dell’arte biotech l’essere umano ha dialogato con rappresentazioni zoomorfe, teriomorfe o semplicemente mostruose, dalla Grecia antica, al Rinascimento, alla contemporaneità tecnologica e cinematografica (un riferimento in ambito artistico sono i lavoro di Matthew Barney come Drawing Restraint 7 e Cremaster 4) che hanno suggerito un immaginario variegato di mutanti mitologici e metafore connesse alla perdita della purezza.

 

https://vimeo.com/320054299

 

Mondi fantastici, fantascientifici, artificiali: dal Biosphere all’ultima opera di Eduardo Kac, The Eighth Day, un piccolo ecosistema popolato da un robot, pesci, topi e piante fluorescenti, con il quale si è posto l’obiettivo, in collaborazione con l’Institute for Studies in the Arts dell’Arizona State University, di confrontare il mito della creazione originaria con quello della seconda creazione, di natura biotecnologica. Il titolo scelto rimanda ancora una volta alla Genesi biblica, alla creazione della Terra avvenuta per mano di Dio in sette giorni. L’ottavo giorno di cui parla Kac sarebbe quello corrispondente alla possibilità umana di creare non solo la vita, ma un vero e proprio ecosistema di esseri viventi geneticamente modificati. Come per la precedente opera transgenica, la mutazione genetica consiste nella fluorescenza, ottenuta attraverso la presenza della proteina GFP all’interno del genoma delle creature. In questo caso, però, gli esseri viventi fluorescenti appartengono a diverse specie: topi GFP, pesci zebra GFP e piante di tabacco GFP. Tutte le forme di vita fluorescenti, sono collocate all’interno di una cupola di plexiglas, una sorta di “universo artificiale”, che è abitato anche dall’elemento più sui generis dell’opera, un biobot: un robot che funziona attraverso componenti biologiche.

The Eighth Day, Eduardo Kac, 2000-2001.

Il biobot è costituito da un recipiente in vetro soffiato posizionato su sei gambe robotiche. All’interno del corpo di vetro sono presenti una serie di componenti elettroniche e un vetrino contenente una colonia di Dictyostelium discoideum, un particolare tipo di ameba. Anche le amebe sono transgeniche e appaiono fluorescenti e svolgono un’importante funzione nel biobot tanto da esserne considerate il “cervello”. La peculiarità di questi esseri, consiste nel fatto che, durante il loro ciclo di vita, cambiano morfologia drasticamente. A tali mutamenti corrispondono una serie di movimenti predefiniti del biobot. Quest’ultimo è dotato anche di due telecamere, una posta all’interno del corpo di vetro in modo da rendere visibili le amebe, l’altra collocata sopra, per permettere la visione all’interno della cupola. Nel complesso The Eighth Day si presenta come un piccolo ecosistema, finalizzato all’indagine della nuova ecologia degli esseri fluorescenti. Eduardo Kac è convinto che l’uomo e gli animali stiano evolvendo in un nuovo modo e che la presenza massiccia di esseri transgenici nella nostra società sia un esempio. Per questo con The Eighth Day sottolinea e drammatizza questa situazione mostrando un “mondo” possibile, popolato da esseri transgenici e un biobot.

 

https://vimeo.com/318551099

 

L’evoluzione che sta prendendo forma non è naturale, bensì è frutto di un intervento umano che Eduardo Kac rende manifesto attraverso la proteina fluorescente. Permettendo ai visitatori di avere una visione non solo oggettiva, guardando la cupola di plexiglas da fuori, ma anche soggettiva, entrandovi per mezzo del biobot, Kac ci proietta in un futuro geneticamente modificato, inducendo una presa di coscienza più immediata. Attraverso la sua opera riflette sul ruolo che occupa l’uomo nell’evoluzione. Creando un “mondo” popolato da biobot ed esseri transgenici mette in discussione il concetto romantico di “naturale”, inteso in senso di selvatico. Ciò che è selvatico al giorno d’oggi è raro e spesso a rischio di estinzione. Tutto il resto, che noi consideriamo naturale, è in realtà frutto di un intervento umano che comprende anche la manipolazione genetica.

 

Saggio tratto da Extended Mind. Viaggio, comunicazione, moda, città, a cura di Carlotta Petracci, anno 2006.