Sono passati più di vent’anni e il sole splende ancora a novembre. Della città industriale e senza opportunità che faceva da sfondo a una giovinezza che reclamava riscatto, aprendo a una trasformazione degli interessi, dei costumi e delle mode, rimane poco. Ci sono le architetture, come le Officine Grandi Riparazioni, a cui è stata data una nuova funzione: ospitare l’arte e la musica che, pur conservando l’anima underground, oggi si riconosce sotto l’etichetta di avant–pop. Questa è la strada della ricerca di C2C, unica in Italia, per la capacità di intercettare e portare a Torino gli artisti del momento. Quelli su cui critici, testate musicali e appassionati, sono disposti a puntare o che accendono effervescenti discussioni.

 

https://www.youtube.com/watch?v=4zEQJrggKgk

 

Il live più atteso era quello di Caroline Polachek, volto e voce di un’attualità spregiudicata, in tempi di femminilizzazione di tutte le arti. Particolarmente apprezzata dal pubblico più giovane, alla ricerca di un pop raffinato, sospeso e con sfumature retrò ma senza nostalgia. Come dimostra la collaborazione con Danny L Harle di PC Music. La cantautrice statunitense ci ha fatto ballare in chiusura della prima serata del 2 novembre, dimostrando che cosa significa avere una sensibilità pop nelle selezioni e un’inventiva fuori dal comune negli accostamenti. E ci ha spiazzato per la disinvoltura con cui ha gestito il live nel Main Stage quella successiva, caricando la sua performance di una sensualità felina ed energica sullo sfondo di landscape visivi surrealisti.

 

https://www.youtube.com/watch?v=qn50c2Otv9A

 

Erotismo fallico, visceralità, esplosioni vocali violente che annegano in un sound ibrido in cui riconosciamo l’avanguardia noise, il substrato industrial rock, senza dimenticare i territori no wave e dance-punk, per l’attesa prima data italiana (sempre il 2 novembre) dei Model/Actriz che, con Dogsbody, hanno riacceso l’interesse su Brooklyn. In passato luogo immaginifico della sperimentazione musicale indipendente americana. L’impatto sonoro è catalizzato da Cole Haden che, già nell’album, ci aveva stregato, cantando di come l’amore possa essere più freddo della morte, parafrasando l’evocativo titolo del primo lungometraggio di Rainer Werner Fassbinder. Di come possa consumare, affliggere, spingere nella spirale dell’abuso, frustrando la nostra personalità, rendendoci dipendenti dal desiderio.

 

https://www.youtube.com/watch?v=m3_tdWTPqoI

 

La voce come strumento è invece uno degli elementi distintivi di Marina Herlop, artista catalana di formazione classica, che nell’elettronica ha trovato la via dell’intuizione e in PAN l’etichetta in grado di accoglierla. Il suo nome è tra i primi della line up più intrigante dell’intero festival, quella del 3 novembre: una scoperta artistica dopo l’altra, per tutti coloro che tra il pubblico sono “vergini”, cioè non abituati a certi ascolti. Basta citare i nomi per comprendere quanto la componente artistica in un festival come C2C giochi un ruolo preponderante. Così si va dal producer armeno Hagop Tchaparian a Lucrecia Dalt, di cui avevamo già approfondito in un’intervista il suo bolero fantascientifico, dai Two Shell, enigmatici ed eclettici protagonisti del clubbing britannico agli Overmono, da Avalon Emerson a Tiga, vera e propria ossessione dei primi duemila con Sexor, da Nick León agli Space Afrika, per chiudere con il ritorno di Evian Christ. Sulla bocca di tutti dai tempi di Yeezus, in cui venne invitato da Kanye West a prendere parte alla produzione di una traccia e da quel momento catapultato in un altro campionato musicale come producer. Christ ricompare con Revanchist, il suo primo album, riportando ancora una volta la trance in auge, frantumando il dancefloor e facendoci sognare, perduti nell’euforia, fino a poco prima dell’alba.

 

https://www.youtube.com/watch?v=V4bNnbV1wn8