Il viaggio è un’esperienza esistenziale e spaziale assai complessa di mutamento continuo connesso alla locomozione, che fa dell’osservazione del territorio e del confronto con l’alterità la sua ragion d’essere. La dialettica movimento-insediamento secondo Eric J. Leed (Leed Eric J., La Mente del Viaggiatore, pag.28) ha motivato la formazione delle diverse società umane che, inizialmente mobili si sono successivamente territorializzate, definendo in rapporto alla stanzialità la propria identità e i propri valori. Il processo della territorializzazione rappresenta un fattore fondamentale nella storia della civiltà occidentale (Leed Eric J., La Mente del Viaggiatore, pag.28), perché determina la costruzione di quelle reciproche rappresentazioni che definiscono le differenze culturali. La formazione di comunità insediate nel corso della storia umana non ha destituito il viaggio della sua centralità. Esso al contrario rappresenta sempre un momento importante di apertura, contatto, scambio e interferenza culturale che libera da pregiudizi e rigidità strutturali che si maturano in relazione allo stato sessile e nel contempo genera coscienza di sé. Il distacco da una matrice sociale fissa e il movimento tra diversi ordini societari strutturati determinano un processo di autoriflessione culturale che motiva non solo la relativizzazione degli assunti e dei principi che si costruiscono in rapporto alla condizione stanziale, ma anche la necessità di enucleare in alcune immagini distintive la propria identità per comunicarla all’altro da sé.

Photo: Annie Spratt.

Il processo di distanziamento fisico e mentale, che permette di rappresentare un qui nel quale situarsi rispetto ad un altrove in relazione al quale misurare la propria presenza, definisce all’interno del pensiero occidentale un momento imprescindibile nella formazione dell’io, dei legami e delle strutture sociali. Questi contenuti prendono forma più precisamente nel clima culturale della modernità, a seguito dello sviluppo di una concezione del viaggio non come penitenza bensì come scoperta e esplorazione. Esiste infatti una profonda differenza tra la maniera degli antichi di leggere il viaggio e quella dei moderni di intraprenderlo: nel primo caso il viaggio, decretato dalla volontà degli dèi, rappresenta un momento di grande sofferenza connesso all’abbandono della casa e degli affetti familiari. Questo genere di viaggio spoglia, consuma, riduce ed emenda, e forma la figura archetipica del saggio e dell’eroe, resistente al destino pur nella consapevolezza dell’impossibilità di un suo controllo. Diversa è la posizione dei moderni di fronte al viaggio che, pur mantenendo il topos dell’eroismo, gli assegnano un valore esclusivamente individuale, che scaturisce dall’atto volontario del mettersi alla prova, dal piacere e dal desiderio di andare incontro alla paura.

Photo: Annie Spratt.

Nel contesto moderno le stesse vicissitudini, privazioni e logoramenti che costituivano le antiche sofferenze del viaggiatore vengono apprezzate come principio di una libertà ascetica e disciplinata che si matura in relazione all’incontro con il mondo. Il viaggio come scoperta e avventura, il viaggio solitario del cavaliere medievale definisce un nuovo concetto di individualità e libertà che, in contrapposizione al legame con la terra e con la casa, disegnano l’immagine della persona moderna, caratterizzata da mobilità e autonomia. A partire dal Quindicesimo e Sedicesimo secolo le trasformazioni dello spirito e della sensibilità generate dal viaggio vengono lette come risultato dello sviluppo della capacità di osservazione del mondo, realizzando in questo modo il passaggio dalla figura del filosofo errante dell’antichità al viaggiatore umanista del Rinascimento e poi al viaggiatore scienziato del Seicento e Settecento. La definizione baconiana della disciplina dell’osservazione non è altro che la legittimazione della pratica del viaggio rinascimentale: il Gran Tour il modo in cui i giovani signori completano la propria educazione e formazione, attraverso la conoscenza diretta del mondo sensibile e l’appropriazione dell’individualità spaziale dei luoghi (Leed Eric J., La Mente del Viaggiatore, pag.81). Dal Rinascimento in poi il viaggio diventa un metodo per impadronirsi del mondo attraverso una disciplina che genera coscienza di sé, grazie proprio alla facoltà razionale dell’osservazione. E il mondo, oggettivandosi nelle immagini e rappresentazioni elaborate dal soggetto si trasforma in uno sfondo utile per tracciare i confini della sua figura, per perimetrare le dimensioni del suo Io.

Sierra Leone. Photo: Annie Spratt.

Questa trasformazione del mondo in superfici e forme si è dispiegata pienamente solo con il viaggio in epoca industriale che fa venire meno l’intimo rapporto tra viaggiatore e spazio percorso tipico del Gran Tour. L’industrializzazione, la meccanizzazione delle forze motrici, in particolare la ferrovia, pongono un medium tra soggetto e oggetto, tra io e mondo. Tra il viaggiatore e il paesaggio si intromette la tecnica che crea un nuovo tessuto di forme comportamentali e percettive. Lo sguardo che legge panorami è creato dal movimento, la cui fugacità permette non più una visione particolare, ma d’insieme, chiamata appunto panorama. Nel suo contesto il viaggiatore-passeggero viene addestrato a percepire la realtà come fosse l’effetto di un montaggio accelerato di fotogrammi. Al pari del cinema, anche la ferrovia porta le cose più vicine allo sguardo e più vicine tra loro, e la profondità lascia il posto a una superficie dipinta bidimensionalmente, a una realtà paesaggistica evanescente e impressionistica. Il mondo non più oggetto di una contemplazione statica si trasforma in uno spettacolo dinamico, che sottrae lo spazio al suo luogo d’origine, al suo “qui e ora”, alla linearità della sua storia. Il panorama privando i luoghi della loro identità li svuota anche della loro aura, consegnandoli al rapimento dello sguardo.

Photo: Annie Spratt.

L’industrializzazione del viaggio segna il passaggio dal valore d’uso a quello di scambio, tanto delle merci quanto dei paesaggi. Dà luogo alla creazione fantasmatica del territorio fisico, in cui ciò che prevale non è più l’esperienza del luogo ma la sua immagine. Corrisponde in tal modo al desiderio delle masse di disporre delle cose “più da vicino”, desiderio che la ferrovia, la fotografia, il cinema e la televisione, hanno reso possibile, accompagnato dall’indifferenza verso gli originali e dal successo delle riproduzioni. Il coronamento di questo sogno borghese di appropriazione del mondo avviene con l’invenzione del viaggio-turistico-organizzato per opera dell’inglese Thomas Cook nel 1845. Da quel momento non si tratta più di abbandonare la propria dimora ma di estenderla a tutto il mondo; direzione verso cui continua a muovere anche il viaggio contemporaneo. Siamo sulla scia della logica postmoderna che aumenta a dismisura gli effetti implosivi dell’immagine e concentra, in nonluoghi turistici (Augè Marc, Nonluoghi) o nei saloni di virtual holiday, un potere attrattivo senza precedenti, che annulla l’effetto della distanza e diluisce il significato dello spostamento verso un altrove ormai a portata di mano.

Photo: Annie Spratt.

Tutto sembra essere qui ed ora, come le immagini che quotidianamente implodono sugli schermi televisivi. Il viaggio contemporaneo, appropriandosi dello spirito dell’epoca e dei suoi canoni spaziali, appare uno straordinario collage di standardizzazione e particolarismo, di globalizzazione e localismo, nel quale la fluidità dei significanti ci consente di estrapolare, nelle forme di un mero cannibalismo estetico, solo i frammenti che più colpiscono i nostri sensi. La sua liminalità, la circolazione senza fine, il gusto di navigare fine a se stesso, proprio dei futuristi, dei situazionisti, della letteratura americana on the road e del nomadismo elettronico sembra così diventare una condizione abituale dell’uomo contemporaneo, del turista postmoderno, ormai assiduo frequentatore di spazi di transizione e di ricreazione.

 

Saggio tratto da Extended Mind. Viaggio, comunicazione, moda, città, a cura di Carlotta Petracci, anno 2006.