Tropical Islands, Krausnick, Brandeburgo, Germania.

Lo sviluppo di una rinnovata cultura ecologista, alimentato, da un lato, da un latente senso di colpa per gli sconvolgimenti ambientali prodotti dalla trasformazione di tutti i territori in metropoli, e dall’altro, dalla fascinazione per percorsi di sviluppo alternativi, indotti dalla diffusione delle filosofie orientali, ha promosso il recente sviluppo dell’ecoturismo. Se quest’ultimo sia un fenomeno passeggero, legato alle tendenze della moda, o meno, ha poca importanza, poiché la divulgazione dell’ecoetica sta da tempo promuovendo un lifestyle alternativo e nuovi segmenti della domanda in costante crescita all’interno del mercato dei consumi. L’ecoturismo si configura come una proiezione ludico-ricreativa della passione eco che ha colto in questi ultimi anni vastissimi strati della società opulenta. L’ecoturista, suggestionato dal catastrofismo della comunicazione dei mass media, e animato dal ricordo romantico di un tempo e un paradiso perduti (e mai realmente esistiti), cercando rifugio e conforto emotivo negli ultimi spazi “incontaminati” del pianeta, promuove una loro progressiva recinzione e segregazione. Il suo modo di rapportarsi alla natura tende a ridursi a un consumo di immagini e frammenti spettacolari, sapientemente confezionati dalle industrie dei beni culturali e del turismo.

Tropical Islands, Krausnick, Brandeburgo, Germania.

Come nota Claudio Minca: “i safari fotografici non solo tendono a mettere tra parentesi la natura attraverso il filtro dell’obiettivo o l’organizzazione (umana) della riserva, ma anche attraverso il corredo di precomprensioni che tappezzano l’immaginario dell’esotico” (Minca Claudio, Spazi Effimeri, pag.135). Si tratta di un recupero nostalgico analogo a quello che interessa l’Altrove culturale, e che risente ancora del dualismo delle categorie moderne. I parchi traducono il bisogno umano, occidentale, di ricondurre la Natura ad una visione ordinata e confortevole, di continuare a considerarla, anche nella sua salvaguardia, in qualità di fondo d’impiego. Così è nei Marineland di matrice nordamericana, dove la Natura incontaminata offre se stessa nella riproduzione iperrealistica e nella ricostruzione sterilizzata di ambienti completamente artificiali: sconfinando dalla rappresentazione dell’Altro all’interpretazione e riscrittura dell’alterità, nelle forme del visualscape, del dreamscape, e del virtualscape.

Tropical Islands, Krausnick, Brandeburgo, Germania.

Quel processo di “finzionalizzazione” della realtà che secondo Marc Augè sta mutando tutti i tradizionali luoghi dell’abitare in palcoscenici teatrali e mondi del piacere e del desiderio, sta rapidamente fagocitando anche la Natura, la quale nei parchi tematici finisce con l’essere messa in scena per frammenti e ritagli colorati, sopravvivendo come entità residuale e redditizia. Nel lifestyle resort di Tropical Island, realizzato in un vecchio hangar militare vicino a Berlino, è stato riprodotto un’autentico paradiso tropicale dove: un’atmosfera di vero eclettismo globalizzato è garantita dalla presenza di 145 case realizzate negli stili della Thailandia, Borneo, Bali, Polinesia, Congo e Amazzonia e dal collage di etnie e specie naturali che lo popolano. Nel mercato dell’ecovacanza la ricostruzione ambientale si traveste anche di ammiccante “avventurezza”, trasformando una passeggiata in un’esperienza unica di immersione in un scenario immaginario e fantastico. Nell’arco di una sola giornata si possono percorrere tempi, storie e mondi differenti: tutto si fa piatto e corre sullo stesso registro.

https://www.youtube.com/watch?v=a7B39MLVeIc

Con i parchi sistema si procede alla creazione di veri e propri mondi viventi specializzati in cui siano reali: la confusione tra i visitatori e i service, il “travestimento psico-fisico” dei visitatori, il vissuto soggettivo del mito. L’esperienza di questi parchi, in cui il visitatore, collocato nel mondo del virtuale, vive esperienze mentali, ci pone di fronte a un nuovo modello di realtà, che sta rapidamente rimpiazzando il vecchio senso dello spazio e dell’ordine naturali. Il progressivo svuotamento di significato della tradizionale distinzione tra rappresentazione e realtà, natura e artificio, ci consegna un mondo nuovo, che appare come un immenso laboratorio in fieri. Sorprendente, a questo proposito, è l’esperimento del Biosphere 2, realizzato tra il 1987 e il 1991 in Arizona, dove in pieno deserto una gigantesca sfera geodesica in acciaio e vetro racchiude un ecosistema completamente autosufficiente e ospita otto esseri umani (quattro uomini e quattro donne) che devono vivere in un regime di autarchia, allo scopo di esplorare estreme condizioni di sopravvivenza nell’impossibilità di cambiare vita (Baudrillard Jean, in Minca Claudio, Spazi Effimeri, pag.137).

https://www.youtube.com/watch?v=oUJGR6qNVzA

L’universo ordinato del Biosfere 2 riprendendo il tema caro a Disney dell’eterna riproduzione in scala del mondo adattato alla Natura, della sua suddivisione in orticelli preordinati, si candida a nuovo referente, nuova realtà prodotta dall’immaginario collettivo della società mediatica. La concezione dell’Altro inteso come sfondo, come rappresentazione, e non come interlocutore, raggiunge le sue estreme conseguenze, sottoponendo la natura e la specie umana a un determinismo asfissiante: prodotto di un’epoca che, non ancora interamente consapevole dell’irreversibilità dello sviluppo, continua a preferire un mondo addomesticato (ma non animato) piuttosto che diversamente significativo.

 

Saggio tratto da Extended Mind. Viaggio, comunicazione, moda, città, a cura di Carlotta Petracci, anno 2006.  Parte III.

tropicalislands.de

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