In Sud America la frammentazione etno-linguistica prodotta dai conquistadores incontra la molteplicità di minoranze legate alla diaspora e al sottosviluppo, determinando un caos mundi che apre a poetiche, pratiche e linguaggi indefinibili, in cui sono rintracciabili anche l’interesse per la tecnologia e il frequente ricorso a immaginari nordamericani. Nell’ultimo decennio si riscontra l’intensificazione di una tensione espressiva che si sviluppa attraverso l’acquisizione di nuove strategie comunicative che fanno capo ai vari medium elettronici, usate da una nuova generazione di artisti, affascinati dalle potenzialità e dalle sperimentazioni dei new media. Questa generazione, la prima nata e cresciuta sotto il dominio della televisione, ad essere stata bombardata dalla pubblicità dei giochi infantili come Barbie e Hello Kitty, e immersa, appunto, nell’immaginario dei new media, offre in forme desacralizzate uno spaccato esilarante e irriverente in cui il gioco situazionistico incontra il paradosso tematico. Facendo scattare forme di antagonismo estetico che azzerano le convenzionalità della produzione artistica e generano vertigini rappresentative in cui cresce e si enuclea una poetica del quotidiano alterata e manipolata.

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Rappresentative di questa tendenza, marchiata Anni Novanta, sono le esperienze di due spazi alternativi – Temistocle 44 (1993-95) e La Panaderia (attiva dal 1994) – e della loro nuova onda di artisti, tra cui spiccano per irriverenza il messicano Miguel Calderón (co-fondatore della Panaderia) e Xavier Rodriguez. Alla base di queste nuove esperienze sta la volontà di promuovere interscambio culturale e sperimentazione di linguaggi non ortodossi, che nella poetica iconoclasta di Miguel Calderòn, si traducono in invettive lanciate alle convenzioni del vivere comunitario e a tutte quelle forme di cristallizzazione che appiattiscono e fanno corrispondere l’essere all’apparire. Le sue icone fotografiche e performance urbane rendono possibile la disidentificazione del soggetto rispetto all’ambiente che lo ospita. Con Saludos desde Mi Pelotas Peludas realizza un ciclo di fotografie in cui inserisce una moltitudine di giocattoli sullo sfondo di una montagna. I paesaggi delle fotografie ricordano le cartoline turistiche kitsch di luoghi esotici, in cui l’unico contrappunto nella ricostruzione visiva, è l’immagine della montagna stessa, che è la foto dei testicoli di Miguel (Macrì Teresa, Postculture, pag.161). Il gioco si innesta nello scarto tra realtà e finzione, promuovendo uno scavalcamento dei limiti della rappresentazione paesaggistica familiare all’inconscio collettivo.

Miguel Calderón, Carrusel, 1996.

Mantenendo lo stesso atteggiamento provocatorio e antiborghese, in Carrusel Calderòn sceglie di immergersi nel mondo dell’infanzia, dove ripesca la telenovela Carrusel de las Américas, che ispira un altro ciclo fotografico. Qui i protagonisti vestiti come i personaggi televisivi, posano in atti erotici che alludono alle pratiche anali, senza però violenza né trasgressione. L’atmosfera è quella melliflua delle trasmissioni per bambini che, da un lato introiettata e dall’altro vissuta come un limite e una forzatura, dichiara l’irrealtà e l’ipocrisia con cui i mezzi di informazione veicolano le immagini drammatiche. La posa hard della coppia destabilizza ogni perbenismo, irradiando una leggerezza sullo schermo che apre ad un percorso di risignificazione, che per quanto oggi sia una prassi diffusa in tutto il mondo globalizzato, origina nelle periferie, non intese come nuovi centri bensì spazi del flusso e dell’incertezza. “La cultura latinoamericana – come sottolinea Mosquera – è specializzata nell’appropriazione e risignificazione dei modelli culturali euro-americani, nei termini di una trasformazione radicale (…). Il post-minimalismo ha implicato una rottura con il “fondamentalismo” del minimal classico (…). Questa tendenza si è sviluppata in tutti i lati del mondo. Ma non risulta strano che la perversione interna più radicale del canone minimalista abbia avuto luogo soprattutto nei gruppi subalterni (donne, immigrati) o in ambiti periferici. Le periferie, che hanno avuto la loro ubicazione nelle mappe del potere economico, politico, culturale e simbolico, hanno sviluppato una “cultura della risignificazione” dei reperti imposti dal centro” (Mosquera G., in Macrì Teresa, Postculture, pag.165-166).

Piggy Banks, Miguel Calderón, 1994.

Questo atteggiamento è rintracciabile in un altro artista legato alla Panaderia, Xavier Rodriguez che nell’opera Fabrica de Superhéroes si rifà all’immaginario dei fumetti e dei cartoon, inserendo all’interno di una fotografia di persone riprese per strada la figura di Batman nell’atto di schernire i poliziotti messicani (Macrì Teresa, Postculture, pag.163), focalizzando l’attenzione allo stesso tempo sul potere di penetrazione globale di alcune icone, col loro corredo di valori, e delle istituzioni. Batman rimane ancora il paladino della giustizia, ma lotta contro se stesso e il senso dell’ordine. Una riappropriazione linguistica in una chiave postmodernista, che opera un sovvertimento dei dogmi, anche di quelli imposti dall’arte, che insieme all’antropologia, ha a lungo considerato le società altre come fonti di risorse estetiche, cosmologiche e scientifiche, piuttosto che come reali interlocutrici.

E proprio con l’arte dialoga Cèsar Martinez che, in El Cada-Ver Exquisito, presenta una scultura umana di dimensioni reali, realizzata in cioccolato svizzero ripieno di pasta dolciaria tradizionale spagnola, ironizzando e risimbolizzando l’originale opera-gioco (successivamente pratica creativa) surrealista Cadavere Squisito (Exquisite Corpse). Martinez col suo cadavere però sviluppa altre coordinate: da un lato fa riferimento alla cultura popolare messicana che nei giorni dei funerali offre cadaveri di zucchero; dall’altro pone l’accento sul consumo simbolico dell’arte e sull’antropofagia della storia coloniale (Macrì Teresa, Postculture, pag.165). Che si rovescia nell’antropofagia brasiliana, la quale ben al di là della cannibalizzazione del colonizzatore, teorizza l’appetito selezionato di un nuovo Io: in transito e affamato di dis-ordine. Un disordine di cui oggi facciamo tutti esperienza di fronte alla crisi delle categorie e delle tassonomie moderne e alla trasformazione delle città tanto quanto dei territori in metropoli, in cui il primitivo, l’esotico, l’etnico, l’altro e l’identico diventano worldwide, immateriali e ancora più di ieri si legano ai flussi della comunicazione globale, rendendo sempre più difficile comprendere da dove origino le idee e quale sia il loro significato per intero.

 

Saggio tratto da Extended Mind. Viaggio, comunicazione, moda, città, a cura di Carlotta Petracci, anno 2006.