Calle Jardines, Doñinos de Salamanca, Spain. Photo: Uve Sanchez.

Le osservazioni di Georg Simmel sull’esperienza metropolitana, quelle di Walter Benjamin sulla riproducibilità tecnica e di Marshall McLuhan sui mezzi di comunicazione elettronica forniscono un interessante retroterra per riflessioni successive che inquadrano un approccio al problema assai diverso indicato da Derrick de Kerckhove e Pierre Lévy. Se è condivisibile la tesi socio-antropologica in relazione alla quale si intende l’ambiente di una comunità, ossia il luogo dell’abitare, lo spazio della vita di relazione, come il risultato di una progressiva manipolazione della natura nella forma dell’artificializzazione, alla luce di uno sguardo più approfondito e multidisciplinare, sembra impensabile separare la qualità dello spazio dalla qualità e dallo sviluppo dei mezzi di comunicazione. La modernità si configura come il momento privilegiato in relazione al quale per costruire lo spazio sociale si è passati agli oggetti di consumo, al linguaggio delle merci e all’efficacia dei mezzi di comunicazione: dalla stampa, al cinema, alla televisione e al computer. Pertanto occorre tenere conto delle implicazioni vicendevoli tra spazio materiale degli oggetti e immateriale della comunicazione.

Calle Salamanca, Doñinos de Salamanca, Spain. Photo: Uve Sanchez.

Lo spazio del mondo contemporaneo a lungo vincolato alla terra, dopo i tempi del libro e della scrittura, prima forma di deterritorializzazione dello spazio sociale, e dopo i secoli del commercio e delle merci, fa convergere questi diversi piani espressivi nella qualità meta-territoriale delle reti televisive e di quelle telematiche. La sua fluidità ponendo in conflitto costruzioni e percezioni di spazialità antiche e nuove, “centrali e periferiche”, rappresenta la conquista di un mondo che non si costruisce più a partire dall’imposizione di un pensiero razionalizzante e gerarchico bensì si reitera nel cammino di soggettività transfughe. Come osserva Pierre Lévy in merito alla riflessione sulla soggettività nomade che si forma in relazione alla navigazione all’interno del cyberspazio: “muoversi non è più spostarsi da un punto all’altro della superficie terrestre, ma attraversare universi di problemi, mondi vissuti, paesaggi di senso. Queste derive nelle trame dell’umanità possono incrociare le traiettorie ordinarie dei circuiti di comunicazione e di trasporto, ma le navigazioni trasversali, eterogenee dei nuovi nomadi esplorano un altro spazio. Noi siamo gli immigrati della soggettività” (Lévy Pierre, in Tursi Antonio, Internet e il Barocco, pag.131).

Av. Juan Carlos I, Doñinos de Salamanca, Spain. Photo: Uve Sanchez.

Il cyberspazio si configura come un “mondo fondato da e che rifonda lo spazio dell’abitare quotidiano” essendo da esso inseparabile e inscindibile (Tursi Antonio, Internet e il Barocco, pag.106); esso è “spazio del vissuto” nella misura in cui, oggi, non è più possibile prescindere dalla considerazione dei flussi comunicativi e dai movimenti di persone e cose da-per-e-attraverso i territori. Lo spazio della rete del resto non è affatto liscio come si vorrebbe credere, al contrario è granuloso, poroso, disseminato di ostacoli e strettoie, proprio come quello culturale (Serres Michel, in Tursi Antonio, Internet e il Barocco, pag.111), perché ognuno vi traccia il proprio cammino, vi disegna la propria mappa originale. Per questo motivo la coppia Deleuze-Guattari utilizza l’immagine del rizoma per riferire delle interconnessioni molteplici, trasversali, a più piani e livelli che questo universo consente: “Riassumendo i caratteri principali di un rizoma: a differenza degli alberi o delle loro radici, il rizoma connette un punto qualunque con un altro punto qualunque e ognuno dei suoi tratti non rinvia necessariamente a tratti della stessa natura, mette in gioco regimi molto differenti e anche stati di non-segni. […] Non è fatto di unità, ma di dimensioni o piuttosto di direzioni in movimento. Non ha inizio né fine, ma sempre un mezzo, per cui cresce e straripa. […] Il rizoma è costituito soltanto da linee: linee di segmentarietà, di stratificazione, come dimensioni, ma anche linee di fuga o di deterritorializzazione come dimensione massimale, a partire dalla quale, nel seguirla, la molteplicità fa metamorfosi cambiando natura. […] Il rizoma procede per variazione, espansione, conquista, cattura, iniezione. Al contrario del grafismo, del disegno o della fotografia, al contrario dei calchi, il rizoma si riferisce a una carta che deve essere prodotta, costruita, sempre smontabile, connettibile, rovesciabile, modificabile, con molteplici entrate e uscite, con le sue linee di fuga” (Deleuze Gilles e Guattari Felix, in Tursi Antonio, Internet e il Barocco, pag.109).

Calle Jardines, Doñinos de Salamanca, Spain. Photo: Uve Sanchez.

Il rizoma è un intermezzo, la costruzione mutevole di uno spazio del riposizionamento, mobile, come il soggetto che lo abita. La rinnovata poetica dell’erranza nell’era del digitale sembra aprire vecchie e nuove questioni relative all’appartenenza e alle modalità con cui situarsi nel mondo, che necessitano di approfondimenti e ridefinizioni più oculate. A questo proposito Edward Soja nel suo testo sulle geografie postmoderne delinea orizzonti di pensiero che si allineano con le riflessioni di Pierre Lévy relative al cyberspazio, dimostrando come di fatto spazio fisico e virtuale oggi necessitino delle medesime categorie interpretative. Riprendendo Martin Heidegger sostiene che l’“esserci” si costituisca in relazione allo spazio, che a sua volta viene istituito dal movimento del soggetto. Lo spazio infatti nasce dal momento in cui l’essere umano frappone una distanza tra sé e le cose, oggettivandole nell’altro da sé. Muta quando il soggetto sente la necessità di percorrerlo per realizzare una conoscenza effettiva della cosa. “Essere umani – ricorda Edward Soja – non è solo creare distanze ma [anche] tentare di attraversarle, di trasformare la distanza primaria attraverso l’intenzionalità, l’emozione, il coinvolgimento, i legami” (Soja Edward, in Tursi Antonio, Internet e il Barocco, pag.114). Soggetto e oggetto non vanno pertanto considerati come due sostanze separate quanto piuttosto come intrecci fluttuanti di eventi che si interfacciano e si comprendono reciprocamente (Lévy Pierre, in Tursi Antonio, Internet e il Barocco, pag.115).

 

Saggio tratto da Extended Mind. Viaggio, comunicazione, moda, città, a cura di Carlotta Petracci, anno 2006. Riflessioni sullo spazio tra realtà, media e virtualità. Parte II.