Quest’anno Terraforma si apre con un’anteprima esclusiva. Il concerto del leggendario collettivo noise giapponese fondato da Yamantaka Eye, all’HangarBicocca. In attesa del Festival che si terrà a luglio a Villa Arconati, ci siamo smarriti tra percussioni ipnotiche e palazzi celesti. 

Boredoms. Courtesy of Terraforma.

È ancora giorno quando varchiamo la soglia dell’HangarBicocca. All’imponente architettura dello spazio espositivo fa da contraltare lo scenario scarno e suggestivo dell’ala de I Sette Palazzi Celesti di Anselm Kiefer. L’atmosfera toglie il fiato. Camminare in mezzo alle torri è come esplorare le rovine di una civiltà estinta, sospesa tra un passato arcaico e un futuro post-atomico. Al fondo, si trova un’intelaiatura di americane che sostiene un palco quadrato con tastiere, laptop, percussioni, strumenti “handcrafted”, amplificatori. Ci si può girare intorno, per scrutare ogni dettaglio di un concerto che si prospetta ipnotico, febbrile, visionario. “Siamo sempre alla ricerca di nuovi stimoli, e in questa performance ci siamo concentrati sulla relazione tra il tocco e il suono”, commenta Yamantaka Eye, leader e fondatore dei Boredoms, ospiti dell’anteprima di Terraforma, il festival che da alcuni anni fa incontrare sperimentazione sonora e sostenibilità ambientale all’interno dei giardini di Villa Arconati. “Vogliamo recuperare e restituire un’esperienza d’ascolto primordiale” – continua Eye – Tutto si sviluppa a partire da uno strumento chiamato VIB-RA, che ho costruito insieme a Taeji Sawai e Kanta Horio, costituito da due scatole riverberanti con dei sensori che, attraverso il movimento delle mani, modificano il suono emesso dagli altoparlanti. Oggi, più di ieri, ci interessa esplorare la vibrazione sonora e la dimensione rituale. Abbiamo creato un esagono metallico che suoneremo con delle bacchette: sarà l’incipit del nostro live”.

Boredoms in concerto all’HangarBicocca, Milano, 2016. Photo: Michela Di Savino.

Inizia così l’atteso concerto della leggendaria band di Osaka, con Eye al centro come uno sciamano, che lentamente sottrae il pubblico al silenzio con suoni e gesti puntuali e cadenzati. L’evoluzione è un crescendo irregolare ma progettato. Sembrano lontani i tempi dell’irrequietezza abrasiva della band, delle perfomance punk; appaiono al contrario più vicini quelli del viaggio mentale, psichedelico, dove il noise prende le forme di un’esperienza più “minimalista”, guidata dalla ritmicità della percussione. Il tempo è scandito da colpi decisi, a tratti frenetici, avvolti da una nebulosa di suoni che si addensano e rarefanno. Momenti di pausa si alternano a babeli rumoristiche che non raggiungono il cielo come le torri di Kiefer, pur manifestando una tensione ascensionale. Il volume contiene e spalma il suono in una direzione più orizzontale e connettiva. Da un punto di vista spaziale, l’aspetto è quello del rituale, dove tutto accade al centro ma dove l’intorno, per via del palco, non può partecipare. L’esperienza risulta più estatica che tribale, caratterizzata da una compostezza molto orientale. Una catarsi dell’occhio più che del corpo. Dalla violenza alla ricerca della spiritualità, dalle controverse performance degli Hanatarash al culto del Sole, da Anal by Anal e Soul Discharge a Super Ae Vision Creation Newsun, ci sono poche band al mondo che hanno saputo transitare da un estremo all’altro, come i Boredoms. Dal 1986 la crescita della loro popolarità avviene per disgregazione.

Boredoms in concerto all’HangarBicocca, Milano, 2016. Photo: Michela Di Savino.

Le formazioni vanno in pezzi, i live deragliano sotto le spinte distruttive del leader Yamatsuka Tetsuo (in arte Yamataka Eye), il suono abrasivo e dissonante della loro musica spinge le frontiere del rock verso il caos, la decostruzione e l’umorismo più spinto. Che si tratti di “japanoise” o “acid punk”, ciò che li contraddistingue è una naturale propensione all’assalto e all’espressione deregolamentata della singolarità. Una capacità di convergere, secondo lo stesso Eye, non come un’orchestra né come una band, ma come “un gruppo di rane rumoreggianti”. Fisicità, spontaneità, vocalizzi dissonanti, ispirazioni che provengono dal mondo naturale e una cospicua dose di orientalismo nell’interpretazione del punk, del noise e della psichedelia, sono gli elementi essenziali della loro unicità espressiva. Una combustione bizzarra che, dal primo contatto con John Zorn e la scena rock e avant-noise newyorkese, dopo Pop Tatari e Chocolate Synthesizer, nei primi Anni Novanta, li vede in tour accanto a nomi come i Sonic Youth e i Nirvana. Mai realmente emersi dall’underground, il percorso dei Boredoms, tra anarchia e improvvisazione, si inscrive perfettamente nella brillante definizione di un documentario sul noise in Giappone: Music for Psychological Liberation. La centralità dei concetti di libertà e liberazione rappresenta il fil rouge che collega l’attitudine punk degli inizi con la svolta spirituale successiva, caratterizzata dalla combinazione di sonorità più elettroniche, krautrock e psichedeliche. Con Super Ae, l’ingresso in una fase più meditativa viene inaugurato dalla simbologia: i settantasette scalini percorsi da Eye nell’ascesa al Tempio del Sole di Palenque diventano i batteristi, i minuti e i tamburi del 77 Boa Drum, il memorabile concerto al Brooklyn Bridge Park di New York del 7 luglio 2007. Col passaggio al nuovo millennio, la svolta mistico-tribale del gruppo viene assecondata dall’enfasi posta sulla dimensione percussiva e cosmica, e dalla celebrazione catartica del noise, come evidenzia tutta la serie Super Roots.

 

Report pubblicato su Artribune

hangarbicocca.org
Via Chiese 2,
20126 Milano
terraformafestival.com