Al Torino Film Festival è stato presentato She Said di Maria Schrader, il film che analizza da una prospettiva femminile il caso Weinstein, il punto di partenza e di non ritorno di quella slavina che è stato il #MeToo. Un buon film, sobrio e giusto, ma qualcosa manca.

La domanda è: siamo a corto di idee nell’affrontare un tema spinoso come il #MeToo, o meglio, tutto ciò che stava prima di questo movimento, la cui portata mediaticamente (ma realmente?) è stata radicale, oppure il rispetto che proviamo per la Verità ci impedisce di raccontare storie capaci di innescare un forte coinvolgimento emotivo? Può il rispetto per le vittime, per le donne, per la narrazione più esaustiva e dettagliata possibile, e forse anche per l’aggressore, in quanto essere umano, nonostante la rabbia, il livore, persino l’odio che è stato capace di risvegliare, essere un’arma a doppio taglio, che da un lato conduce ad un cinema sobrio e giusto, mentre dall’altro non fa battere il nostro cuore? Non era un’impresa facile portare sullo schermo l’inchiesta delle due giornaliste del New York Times, Megan Twohey e Jodi Kantor, che ha inchiodato Harvey Weinstein. Non lo era per tanti motivi. Primo, perché nel mondo contemporaneo l’interesse per l’attualità è voluttuario, è un piacere che ha vita breve, anche quando solleva temi e quesiti morali di grande portata; secondo, perché prima di questo film, che forse avrebbe dovuto anticiparli tutti, ci sono stati altri tentativi di affondare la lama nella carne di storie di soprusi, prevaricazione, violenza fisica e psicologica, che già avevano sortito poco interesse (perché?); terzo, perché il caso di Harvey Weinstein, per quanto simbolico, non poteva che essere trattato col freno a mano tirato, perché Weinstein non è e non è stato solo un aggressore, ma un sistema industriale ed economico.

Possiamo lottare contro la società patriarcale, con tutta la forza dell’ideologia, ma i soldi sono un altro affare, sono quella realtà che ha cambiato la natura del Potere e del conflitto. I soldi comprano la nostra onestà, la nostra moralità, sono l’unico mezzo capace di corromperla. Se Maria Schrader, che va sottolineato, non ha avuto un approccio da femminismo infuocato, fosse andata più a fondo nell’indagare l’essere umano (senza filtri di genere), avrebbe sicuramente fatto un film più convincente. Avrebbe affondato le mani in qualcosa di sporco e universale. Non semplicemente Hollywood, dove una riunione in una camera di hotel in accappatoio potrebbe rappresentare un incipit curiosamente eccentrico per un film metacinematografico, con tutto il fascino che ne deriva, bensì sarebbe andata alla radice del silenzio. Avrebbe messo di fronte le donne (ma non solo) alla domanda: vendendo il mio corpo, dopo una violenza subita, può la mia anima trovare pace?

Allora sì, il #MeToo a quel punto, da “caccia alle streghe” come erroneamente è stato percepito, sarebbe stato capito. Sfido chiunque a non empatizzare con la vittima di un sistema che la vuole carnefice di sé stessa, nel momento in cui accetta di firmare accordi che le impediscono qualsiasi obiezione, ribellione, futuro, qualsiasi richiamo all’onestà anche di fronte alla propria vita. Sfido chiunque a non voler provare quella catartica esperienza che è il cinema, mettersi nei panni dei personaggi, chiedendosi: al suo posto che cosa avrei fatto? Che cosa sarebbe stato giusto fare? Come avrei potuto sopportare il mio dolore? In che modo avrei cercato di reprimere l’odio che mi divorava? Dove sarei scappata per dimenticare? Sarei riuscita a dimenticare? Ultime, ma non per importanza: avrei amato ancora quel corpo guardandomi allo specchio? Avrei accettato che lo amasse qualcun altro? La mia vita non sarebbe diventata semplice sopravvivenza? Essere freddi, analitici, chirurgici nelle emozioni e nelle narrazioni, può essere una scelta stilistica molto efficace, ancora più potente delle tragedie urlate, ma solo se si trova il bandolo della matassa della storia, quel pugno allo stomaco che ti toglie il fiato, che ti impedisce di vedere nei titoli di coda una vera e propria fine.