La fotografia, arte della rappresentazione, alle prese col più classico dei temi: un ritratto in tempo reale della ‘dolce vita’.

Tinto Brass, Venezia Lido 2008. Foto di Claudio Casiraghi, scattata durante il Festival del Cinema di Venezia.

Furono il celebre film di Federico Fellini La dolce vita e il costante e meticoloso lavoro di Tazio Secchiaroli a inaugurare il termine “paparazzi” e la sua trasposizione immaginifica in paparazzi photography. Con questa parola ancora poco conosciuta avveniva un mutamento socio-antropologico di rilievo nel mondo dello spettacolo. Dispiegava le sue ali quello che di lì a poco sarebbe diventato, grazie ai mezzi di comunicazione di massa, un fenomeno planetario. La rappresentazione della vita reale delle star. Dal set ai camerini, alle strade delle grandi metropoli europee e americane, ogni attimo di questi nuovi divi moderni era registrato per finire sulle pagine dei rotocalchi internazionali e per rubare attimi di chiacchiere oziose alla normalità. Non c’era fatto di cronaca che non fosse accompagnato dall’evasione del gossip, né sogno ad occhi aperti che potesse avvicinarsi alla luccicante sfilata a ciclo continuo della notorietà. Nella storia della paparazzi photography grandi autori, come Erich Salomon e Weegee precursori del genere, Ron Galella, Jean Pigozzi e Helmut Newton, che nel 1970 si trasferì addirittura a Roma per lavorare con dei veri paparazzi, si ritrovano a fianco alle più ‘spietate’ agenzie di scoop, in quel territorio minato rappresentato dal sensazionalismo.

Grandi differenze negli intenti e negli esiti, dagli scatti rubati alla vita di ogni giorno, ai più esclusivi reportage e ritratti realizzati ai party, ma per tutti la stessa fascinazione per la celebrità, nei suoi due comportamenti più comuni: l’indifferenza, di chi ignaro non si accorge di essere guardato e l’effetto sorpresa, del ritratto inaspettato. Come un tacito accordo tradito, la rottura della distanza ‘di sicurezza’ traduce una sfida lanciata dall’occhio del fotografo all’aura della star. Anche di fronte all’esibizione pubblica, il mezzo fotografico va alla ricerca del privato per portarlo alla luce e dell’istante per immortalarlo. Si tratta di premesse comuni al lavoro di molti autori, e anche allo sguardo rapito tipico della street, ma che non esauriscono certamente la portata delle singole riflessioni. In fotografia infatti il filtro è sempre dato dalla sensibilità individuale, dall’unicità della relazione che si instaura tra soggetto e oggetto della rappresentazione. Quando per la prima volta ho avuto l’opportunità di vedere, e in seguito di pubblicare, la carrellata di volti che Claudio Casiraghi andava raccogliendo presenziando ad ogni appuntamento fisso, da due anni a questa parte, del Festival del Cinema di Venezia, del Festival di Sanremo e di altri eventi mondani, ho pensato che l’iperrealismo dei suoi ritratti fosse una questione di carattere. La sua ricerca della verità dietro la finzione non poteva che essere messa in relazione con lo spirito ‘ingenuamente’ irriverente della sua personalità.

Volti attoniti, grotteschi, fotografati per la prima volta con una crudezza da yellow press e allo stesso tempo prestando grande attenzione alla fisiognomica. Le star di Casiraghi sono caricature. La cui vita viene racchiusa e riassunta in un’unica posa ravvicinata e stupita. Così Tinto Brass, regista erotico, diventa quella mano lievemente appoggiata sulle labbra socchiuse; Anna Piaggi, eccentrica luminare della moda, quel cappello da uomo portato sulle ventitré; Claudia Cardinale, bellezza notturna, quegli occhi spalancati accompagnati dalle rughe e da un sorriso fin troppo espansivo; Giorgio Forattini, quella sua bocca aperta alla satira ed Enzo Ghinazzi, in arte Pupo, quella sua aria scanzonata, offuscata a malapena dall’ombra della sorpresa. In una parola: maschere. Il nero le avvolge, annullando la componente ambientale, per mettere ancora più in risalto i difetti fisici, il delicato rapporto tra identità pubblica e disvelamento di un’emozione privata. Dall’altra parte infatti, in quella zona che noi non vediamo, c’è Casiraghi che le chiama, le sorprende e con un lampo accecante di flash le congela in immagine. Tutto in pochi minuti. Tutto in una notte.

 

Articolo pubblicato su Rent, issue 03, novembre 2009.